Capitolo XIX

Resoconto di una disputa teologica in Cina

Nei primi anni del regno del grande imperatore Kangxi, un mandarino della città di Canton sentì nella sua casa un gran rumore proveniente dalla casa vicina; si informò se fosse stato ucciso qualcuno; gli risposero che erano il cappellano della compagnia danese, un cappellano di Batavia e un gesuita che litigavano; lui li fece venire, fece servire loro del té e delle marmellate e chiese loro perché stessero litigando.

Il gesuita gli rispose che era molto doloroso per lui, che aveva sempre ragione, aver a che fare con gente che aveva sempre torto; che inizialmente aveva discusso con la più grande compostezza, ma che alla fine aveva perso la pazienza.

Il mandarino fece loro capire, con tutto il tatto possibile, quanto fosse necessaria l’educazione nelle discussioni; disse loro che in Cina non ci si arrabbiava mai, e chiese loro quale fosse il motivo della discussione.

Ritratto di Mandarino cinese
Ritratto di Mandarino cinese

Il gesuita gli rispose: “Monsignore, vi chiamo a giudice; questi due signori rifiutano di sottomettersi alle decisioni del Concilio di Trento”.

“Questo mi meraviglia”, disse il mandarino. Poi, girandosi verso i due refrattari: “Mi sembra, disse loro, che voi dovreste rispettare i consigli di una grande assemblea: non so cosa sia il Concilio di Trento, ma tante persone sono sempre più istruite di una sola. Nessuno deve credere di saperne più degli altri e che la ragione abiti solo nella sua testa; è così che insegna il nostro grande Confucio; e, se volete il mio parere, fareste molto bene a far riferimento al Concilio di Trento”.

Allora il danese prese la parola e disse: “Monsignore parla con suprema saggezza; noi rispettiamo le grandi assemblee come si conviene; per questo noi la pensiamo esattamente come molte assemblee che si sono tenute prima di quella di Trento”.

–Oh! Se è così, disse il mandarino, vi chiedo scusa; potreste benissimo avere ragione voi. Allora voialtri siete dello stesso parere, questo olandese e voi, contro questo povero gesuita?

– Niente affatto, disse l’olandese; quest’uomo ha delle idee quasi altrettanto stravaganti di quelle di questo gesuita, che fa ora il mellifluo con voi; non c’è modo di venirne a capo.

– Non vi seguo, disse il mandarino; voi non siete tutti e tre cristiani? Non venite tutti e tre ad insegnare il cristianesimo nel nostro impero? E non dovete quindi avere tutti e tre gli stessi dogmi?

– Vedete, monsignore, disse il gesuita; questi due sono nemici mortali e disputano tutti e due contro di me: è dunque evidente che hanno tutti e due torto e che la ragione è tutta dalla mia parte.

– Questo non è così evidente, disse il mandarino; potrebbe benissimo essere che abbiate anche torto tutti e tre; sarei curioso di sentirvi uno dopo l’altro.

Il gesuita fece allora un discorso molto lungo, durante il quale il danese e l’olandese alzavano le spalle; il mandarino non ci capì niente. Il danese parlò a sua volta; i suoi due avversari lo guardarono con commiserazione, e il mandarino non ci capì niente di nuovo. All’olandese toccò la stessa sorte. Infine parlarono tutti insieme e si scambiarono delle grosse offese. L’onesto mandarino ebbe molta difficoltà a farli smettere, e disse loro: “Se volete che qui tolleriamo la vostra dottrina, cominciate a non essere né intolleranti né intollerabili”.

Uscendo dall’udienza, il gesuita incontrò un missionario giacobino; gli raccontò che aveva vinto la causa, assicurandogli che la verità trionfava sempre. Il giacobino gli disse: “Se fossi stato là io, voi non avreste vinto; io vi avrei convinto che voi siete colpevole di menzogna e idolatria”. La disputa si accese; il giacobino e il gesuita si presero per i capelli. Il mandarino, informato dello scandalo, li mandò tutti e due in prigione. Un sotto-mandarino disse al giudice: “Per quanto tempo Vostra Eccellenza vuole tenerli in arresto?”

– Finché non si troveranno d’accordo, disse il giudice.

– Ah! disse il sotto-mandarino, allora rimarranno in prigione tutta la loro vita.

– Ebbene, disse il giudice, finché non si perdoneranno.

– Non si perdoneranno mai, disse l’altro; io li conosco.

– Ebbene, dunque! disse il mandarino, finché non faranno finta di essersi perdonati.