Capitolo XX

Se sia utile mantenere il popolo nella superstizione

Tale è la debolezza del genere umano e tale è la sua malvagità che per lui è di sicuro meglio essere soggiogato da tutte le superstizioni possibili, purché non siano omicide, che vivere senza religione. L’uomo ha sempre avuto bisogno di un freno, e benché fosse cosa ridicola offrire sacrifici ai fauni, ai silvani e alle naiadi, era molto più ragionevole e più utile adorare queste rappresentazioni fantastiche della Divinità che abbandonarsi all’Ateismo. Un ateo che fosse calcolatore, violento e potente sarebbe un flagello tanto funesto quanto un superstizioso sanguinario.

Quando gli esseri umani non hanno delle nozioni sane della Divinità, esse sono sostituite da false idee; come quando in tempi sventurati si fanno scambi commerciali con le monete false, dal momento che non se ne possiedono di valide. Il pagano non si azzardava a commettere un crimine per paura di essere punito dai falsi dei; il malabaro teme di essere punito dalla sua pagoda. Ovunque si sia stabilita una civiltà, una religione è necessaria; la legge sorveglia i crimini noti, e la religione i crimini segreti.

Ma quando gli uomini sono arrivati ad abbracciare una religione pura e santa, la superstizione diventa non solo inutile, ma anche molto pericolosa. Non si deve cercare di nutrire con le ghiande coloro che Dio si degna di nutrire di pane.

La superstizione sta alla religione come l’astrologia sta all’astronomia, la figlia molto folle di una madre molto saggia. Queste due figlie hanno a lungo soggiogato tutto il mondo.

All’epoca in cui -nei nostri secoli barbari- c’erano appena due signori feudali che avevano in casa loro il Nuovo Testamento, allora poteva essere perdonabile raccontare delle favole al volgo, ovvero a quei signori feudali, alle loro mogli imbecilli e ai loro grezzi vassalli; gli veniva fatto credere che San Cristoforo aveva portato il bambino Gesù da una sponda del fiume all’altra; gli si davano in pasto storie di streghe e posseduti; si figuravano facilmente che San Ginocchio guarisse la gotta e che Santa Clara guarisse gli occhi malati. I bambini credevano al lupo mannaro, e i padri al cordone di San Francesco. Il numero delle reliquie era incalcolabile.

La ruggine di tutte queste superstizioni ha continuato a esistere presso i popoli ancora per qualche tempo perfino dopo che la religione fu infine epurata. È noto che quando M. de Noailles, vescovo di Châlons, fece portar via e gettare nel fuoco la cosiddetta reliquia del santo ombelico di Gesù Cristo, tutta la città di Châlons gli fece un processo; ma egli ebbe tanto coraggio quanta pietà, e arrivò presto a far credere agli abitanti della Sciampagna che si poteva adorare Gesù Cristo in spirito e verità, senza avere il suo ombelico in una chiesa.

Quelli che venivano chiamati giansenisti contribuirono non poco a sradicare gradualmente dallo spirito della nazione la maggior parte delle false idee che disonoravano la religione cristiana. Si smise di credere che bastasse recitare la preghiera dei trenta giorni alla vergine Maria per ottenere tutto quello che si voleva e per peccare impunemente.

Infine la borghesia ha cominciato a sospettare che non era Santa Genoveffa a tener lontano o a far arrivare la pioggia, ma che era Dio stesso a disporre degli elementi. I monaci si sono stupiti che i loro santi non facessero più miracoli; e se gli autori della Vita di San Francesco Saverio ritornassero in vita, non oserebbero scrivere che questo santo risuscitò nove morti, che si trovava contemporaneamente sul mare e sulla terra, e che, essendogli caduto il crocifisso in mare, un granchio venne a riportarglielo.

Lo stesso è capitato con le scomuniche. I nostri storiografi ci dicono che quando il re Roberto fu scomunicato da papa Gregorio V perché aveva sposato la principessa Bertha sua comare, i suoi domestici gettavano dalle finestre le carni che erano state servite al re, e che la regina Bertha partorì un’oca come punizione di quel matrimonio incestuoso. Oggi dubitiamo che i domestici di un re di Francia scomunicato abbiano gettato la sua cena dalla finestra e, allo stesso modo, che la regina abbia messo al mondo un’oca.

Jean-Paul Laurens, La scomunica di Roberto il Pio
Jean-Paul Laurens, La scomunica di Roberto il Pio

Se c’è qualche convulsionario nell’angolo di un sobborgo, è una malattia purulenta che colpisce soltanto la gentaglia più vile. Giorno dopo giorno la ragione penetra in Francia, nelle botteghe dei mercanti così come nei palazzi dei signori. Bisogna quindi coltivare i frutti di questa ragione, tanto più che è impossibile impedirne lo schiudersi. Non è possibile governare la Francia come la si governava ai tempi di Garasse e Menot, dopo che è stata illuminata da Pascal, Nicole, Arnauld, Bossuet, Descartes, Gassendi, Bayle, Fontenelle, ecc.

Se i maestri di errori, intendo i grandi maestri, così lungamente pagati e onorati per abbruttire la specie umana, ordinassero oggi di credere che il grano deve marcire per germogliare; che la terra è immobile nei suoi fondamenti, che non gira affatto intorno al sole; che le maree non sono un effetto naturale della gravitazione, che l’arcobaleno non è formato dalla rifrazione e riflessione dei raggi luminosi, ecc., e se si fondassero su dei brani mal interpretati della sacra scrittura per sostenere i loro comandamenti, come sarebbero considerati da tutti gli uomini istruiti? ‘Stupidi’ sarebbe un termine troppo forte? E se questi saggi maestri si servissero della forza e della persecuzione per far regnare la loro insolente ignoranza, il termine ‘bestie feroci’ sarebbe fuori luogo?

Più le superstizioni dei monaci sono disprezzate, più i vescovi sono rispettati e i curati considerati; essi fanno solo del bene, mentre le superstizioni monacali dell’ultramontanismo farebbero molto male. Ma, di tutte le superstizioni, la più pericolosa non è forse odiare il prossimo per le sue opinioni? E non è evidente che sarebbe più ragionevole perfino adorare il santo ombelico, il santo prepuzio, il latte e la veste della vergine Maria piuttosto che odiare e perseguitare il proprio fratello?